È morto Giuliano Gemma, aveva 75 anni. L’attore era rimasto coinvolto prima delle 20 di stasera in un terribile incidente stradale a Cerveteri.
Era sposato con la giornalista Baba Richerme e aveva due figlie, Vera e Giuliana, da un precedente matrimonio. Gemma è rimasto coinvolto in un impatto frontale mentre era a bordo della propria auto, che si è scontrata con un’altra autovettura.
Trasportato subito presso l’ospedale di Civitavecchia, le sue condizioni erano immediatamente apparse critiche. Nell’incidente ci sono stati anche due feriti, un uomo con suo figlio.
Nato a Civitavecchia nel 1938, Gemma è stato uno degli attori più amati del cinema italiano. La sua storia professionale è un romanzo, meglio, un film, da giovane stuntman, apprezzato per le indubbie doti atletiche, ai massimi livelli della recitazione. Gemma arriva al cinema giovanissimo, ma quasi per caso e grazie alla passione sportiva.
Ha appena 20 anni quando strappa la prima apparizione su un set (‘Venezia, la luna e tù di Dino Risi) e appena due di più quando il giovane Duccio Tessari lo scopre sul set di Messalina. Tessari se ne ricorderà nel 1962, al momento di debuttare con il mitologico ‘Arrivano i titanì e gli affiderà il ruolo del forzuto Crios. Scelta azzeccata, sia perchè il ragazzo ha alle spalle una buona carriera d’atleta con predilezione per il pugilato, sia perchè la passione del cinema lo ha portato a girare i set di Cinecittà come comparsa e stuntman, lavori grazie ai quali è stato anche al fianco di Charlton Heston in Ben Hur e di John Barrymore ne I cosacchì. Che Gemma non passi inosservato sulla scena del cinema italiano lo conferma anche la scelta di Luchino Visconti che, nello stesso 1962, lo vuole a fianco di Alain Delon e dell’imberbe Mario Girotti (poi Terence Hill) per dar vita al gruppo garibaldino del Gattopardo. A Gemma tocca il ruolo del generale rivoluzionario, il ‘diavolo rossò che Delon/Tancredi esibisce a Palazzo Salina come compagno di galanterie e colpi di mano, rinnegati appena indosserà l’uniforme sabauda. Decorato con gli alamari garibaldini o svestito con i muscoli lucidi in bella vista, Gemma fa sempre bella figura, ma si impiglierebbe in ruoli stereotipati se non avesse la fortuna che già era arrisa al suo mito, Burt Lancaster, incontrato sul set di Visconti. Entrambi costruiscono la prima parte della carriera sulla fisicità (l’italiano si conferma campione del box office europeo di allora, due avventure di Angelica); entrambi diventano divi grazie al western. Gemma troverà il suo John Ford ancora in Tessari che, nel 1965, gli affida il ruolo da protagonista nello spaghetti western Una pistola per Ringo. Un successo: l’unico personaggio che rivaleggi in popolarità con il pistolero senza nome inventato da Sergio Leone per Clint Eastwood. Come Montgomery Wood, Giuliano Gemma cavalca una decina di volte nel western all’italiana e ogni film è un successo, tanto da diventare popolarissimo anche all’estero, dall’America al Giappone.
L’avventura, il coraggio, l’esibizione della possanza fisica, lo accompagnano da sempre: il servizio militare lo ha fatto nei Vigili del fuoco di Roma, guadagnandosi onori e fama.
Alla fine degli anni ’60 il suo nome è una garanzia al botteghino, ma proprio allora Gemma scopre un secondo aspetto della sua personalità artistica proiettandosi ai confini del cinema d’autore (da Corbari di Valentino Orsini, 1971 a Delitto d’amore di Luigi Comencini, 1973 a Circuito chiuso di Giuliano Montaldo, 1978). Prova la commedia (Anche gli angeli mangiano fagioli, 1972), cerca la guida dei grandi maestri (Il deserto dei tartari di Valerio Zurlini, 1976), sceglie modelli epici (Il prefetto di ferro di Pasquale Squitieri, 1977) e autoironici (Speriamo che sia femmina di Mario Monicelli, 1986). E quando c’è bisogno di lucidare il blasone, rimonta a cavallo e offre il suo volto al leggendario Tex Willer di Monelli in Tex e il signore degli abissi, ancora una volta con il fido Duccio Tessari nel 1985. Un film che diventa oggetto di culto (lo è ancora) e rilancia una popolarità che l’attore sfrutta per farsi largo nella fiction televisiva, intuendone tra i primi le potenzialità popolari.
Una seconda carriera proseguita fino ad oggi: basti pensare alla recente serie de ‘Il capitanò. Divo di quasi 100 film, l’indimenticabile ufficiale del Deserto dei tartari (il suo capolavoro, per il quale ha partecipato all’omaggio a Zurlini all’ultimo festival di Cannes, con la presentazione della copia digitalizzata del film), l’uomo che ha lavorato a fianco di star internazionali quali Kirk Douglas, Rita Hayworth, Henry Fonda, John Huston, Klaus Kinsky, Fernando Rey, Francisco Rabal, Lee Van Cleef, Florinda Bolkan, Liv Ullman, Van Johnson, Ely Wallach, Jack Palance, Max von Sydow, Philippe Noiret, CatherineDeneuve, Ursula Andress, Senta Berger, Claudia Cardinale, aveva scoperto di recente la passione per la scultura, arte che ha coltivato insieme allo sport (scalate, sci, paracadutismo) e alla recitazione.
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